Biosimilari – Epoietina Alfa: Luci e Ombre

L’European Medicines Agency (EMEA) definisce i farmaci biotecnologici (biotech) “prodotti medicinali sviluppati mediante una o più delle seguenti procedure tecnologiche: DNA ricombinante, espressione genica controllata, metodi anticorpali” [1]. I biotech costituiscono circa il 20% dei farmaci innovativi commercializzati, ma il mercato è destinato ad ampliarsi ulteriormente, se è vero che nel 2020 si prevede saranno circa il 50% della totalità dei farmaci in commercio.

Il loro impatto economico sui sistemi sanitari è pertanto sempre più importante (già nel 2005 rappresentavano più del 30% della spesa totale dei farmaci ospedalieri universitari spagnoli [2]. La scadenza del brevetto, in Europa, per alcuni di questi farmaci, prima tra tutti l’epoietina alfa, e la conseguente introduzione sul mercato di “biosimilari”, cioè prodotti medicinali biotecnologici riconducibili al farmaco originatore, rappresenta dunque un’importante opportunità in termini di possibili risparmi per i sistemi sanitari. Tutto ciò, peraltro, non può esimerci da una ragionevole cautela, prima di abbracciarne incondizionatamente l’adozione.

Ciò va detto in particolare per la complessità dei processi che portano alla produzione dei biotech, che impongono l’assoluto rispetto di ciascuna tappa di produzione: anche piccoli cambiamenti (eccipienti, uso di nuove banche di cellule, processo di purificazione, etc) possono infatti comportare alterazioni significative del prodotto finale in termini di sicurezza ed efficacia. Non a caso in biotecnologia si dice che “il processo è il prodotto” [3] [4].

La differenza fondamentale tra le molecole di sintesi chimica ed i farmaci biologici sta nel rischio di immunogenicità, dato che questi ultimi, essendo molecole biologicamente attive, sono in grado di attivare la risposta immunitaria,  con tutte le possibili conseguenze cliniche che ne possono derivare, a cominciare dalla produzione di anticorpi [5].

È dunque di grande importanza che il potenziale immunogenico dei biosimilari sia accuratamente testato perché, come l’esperienza insegna, una variazione anche minima nella formulazione può influenzarlo significativamente.

A  titolo esemplificativo è  paradigmatico il caso dell’epoietina alfa. Dal 1989 ne è stato approvato l’impiego per il trattamento dell’anemia in pazienti affetti da insufficienza renale cronica (IRC) e almeno fino al 1998 tale impiego è stato associato ad un’ottima tollerabilità, con l’insorgenza di soli  tre casi di aplasia delle cellule della serie rossa (PRCA) su milioni di casi trattati. Tuttavia dal 1998 al 2003 è stato documentato in Europa un notevole aumento di casi di PRCA (più di 300), in pazienti nefropatici trattati per via sottocutanea con epoietina alfa [6]. Tale incremento coincideva con un piccolo cambiamento nella formulazione dell’epoietina alfa. La nuova formulazione, infatti, determinava lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti, che causavano la perdita dell’efficacia non solo del farmaco, ma anche dell’ormone nativo, dando origine alla PRCA. La scoperta della causa ha poi portato ad una ulteriore modifica del prodotto finito, che ha risolto il problema. La lezione, tuttavia, non va dimenticata: qualunque variazione, anche minima, nella formulazione di un farmaco biotecnologico può determinare conseguenze pericolose per il paziente, fino all’exitus [7] [8] [9].

Nel corso di uno studio clinico per valutare la sicurezza della somministrazione sottocutanea di epoietina alfa biosimilare HX575 in pazienti affetti da anemia correlata all’IRC, la Sandoz ha registrato l’insorgenza contemporanea di anticorpi anti eritropoietina e PRCA in un paziente tedesco e di soli anticorpi anti eritropoietina in un paziente russo. Ciò, naturalmente, ha determinato l’abbandono anticipato della sperimentazione [10].

È pertanto chiaro che nell’uso clinico dei biosimilari dell’epoietina alfa devono essere garantiti i programmi di farmaco sorveglianza previsti per i farmaci sottoposti a monitoraggio intensivo [11] e seguite le indicazioni suggerite dall’EMEA [12] e dall’AIFA [13].

L’AIFA ha inserito i farmaci biosimilari all’interno della lista dei farmaci a monitoraggio intensivo e non ha inserito i biosimilari all’interno delle Liste di Trasparenza che regolano l’utilizzo dei farmaci equivalenti, proprio per la difficoltà di stabilire la bioequivalenza (con la facilità propria dei farmaci di sintesi) e la necessità di acquisire ulteriori dati di efficacia e sicurezza su larga scala [14] [15].

Va anche evidenziato che i biosimilari dell’epoietina alfa possono essere somministrati solo per via endovenosa, quando la via di somministrazione sottocutanea può essere vantaggiosa  perché autogestibile dal paziente e permette di ridurre la dose efficace e quindi il costo/efficacia della terapia stessa. Tra l’altro la via endovenosa è la via di somministrazione in assoluto meno immunogenica e quindi la meno idonea per tracciare un profilo di sicurezza.

Concludendo, è prudente, per ora, limitare l’uso dei farmaci biosimilari dell’epoietina alfa  ai soli casi di pazienti “drug naive”, per i quali sia percorribile l’utilizzo della via endovenosa. Pazienti con storia clinica complessa, specie se sottoposti a ripetuti tentativi terapeutici, non dovrebbero essere sottratti al trattamento in cui si siano stabilizzati.

Resta importante conoscere la storia farmacologica dei pazienti, soprattutto a fronte di eventuali eventi avversi e per la valutazione dell’immunogenicità. Si tratta di aderire in pieno alla regola di non considerare i prodotti biosimilari intercambiabili con il farmaco di riferimento. Solo la tracciabilità del farmaco somministrato permetterà la corretta attribuzione di eventuali eventi avversi al farmaco stesso.

Si ricorda, infine, che l’unico reale prescrittore è il nefrologo che ha in cura il singolo paziente e che redige il programma terapeutico scegliendo un preciso farmaco biologico o biosimilare che, si ripete, non possono essere considerati equivalenti [16] [17].

Gina Meneghel
per il Consiglio Direttivo SIN

BibliografiaReferences

[1] Guideline on a similar biological medicinal products CHMP/437/04 2005.

[2] Fort E et al. 10th Congress of the European Association of Hospital Pharmacists. Lisbon. Portugal. March 2005.

[3] Crommelin D, Bermejo T, Bissig M, et al. Pharmaceutical evaluation of biosimilars: important differences from generic low-molecular-weight pharmaceuticals. Eur Jour Hosp Pharm Sci 2005; 11(1):11-7.

[4] Sharma b. Immunogenicity of terapeutic proteins. Part 2. Impact of container closures

[5] Gottlieb S Biosimilars: policy, clinical, and regulatory considerations. American journal of health-system pharmacy : AJHP : official journal of the American Society of Health-System Pharmacists 2008 Jul 15;65(14 Suppl 6):S2-8

[6] Roger SD, Goldsmith D Biosimilars: it’s not as simple as cost alone. Journal of clinical pharmacy and therapeutics 2008 Oct;33(5):459-64

[7] Roger S J Pharm Pharmaceut Sci 2007; 10: 405-10.

[8] Covic A, Kuhlmann MK Biosimilars: recent developments. International urology and nephrology 2007;39(1):261-6

[9] Crommelin D et al. EJHP 2005; 11: 11-7

[10] Informazioni sul rischio da parte del BfArM tedesco

[11] aggiornamento n. 12 aprile 2009 (AIFA)

[12] Guidee linee on a similar biological medicinal products. CHMP//437/04, 2005.

[13] Agenzia Italiana del farmaco BIF XV n. 3 2008

[14] BIF n. – 2-2008 pag. 229

[15] Schellekens H Assessing the bioequivalence of biosimilars The Retacrit case. Drug discovery today 2009 May;14(9-10):495-9

[16] Pronunciamento del Consiglio di Stato N. Sezione 3992/06 (20 giugno 2007)

[17] Gesualdo L, Abbracchio MP, Dammacco F et al. [The advent of biosimilars: new rules to guarantee patient safety]. Giornale italiano di nefrologia : organo ufficiale della Societa italiana di nefrologia 2009 Mar-Apr;26(2):161-70

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