VALIGA – European Validation Study of the Oxford Classification of IgA Nephropaty

Coordinatore: Rosanna Coppo

L’ERA-EDTA ha creato alcuni Working Groups, e uno dei primi a essere lanciato, nel 2009, è stato l’Immunopatholog Working Group (IWG).

Poco dopo la sua costituzione questo WG ha partecipato al primo ERA-EDTA Research Call, con un progetto che è entrato nella rosa dei 3 vincitori.

Scopo del Progetto VALIGA è di indagare, su una ampia coorte di pazienti europei affetti da nefrite a depositi IgA (IgAN), la validità della Classificazione anatomopatologica di Oxford (KI 2009;76:534-45; and 2009;76:546-56) nel fornire dati predittivi sull’evoluzione futura.

Il lavoro originario si era basato su un’analisi retrospettiva di 265 pazienti con IgAN provenienti da quattro continenti e aveva rilevato il valore prognostico di informazioni ottenute dalla biopsia renale, quali proliferazione mesangiale, glomerulosclerosi segmentaria, ipercellularità endocapillare e fibrosi tubulo/interstiziale indipendentemente dagli indicatori clinici classici di rischio (proteinuria, ipertensione, contrazione del filtrato glomerulare sia al momento della biopsia renale che nel follow-up). Il numero dei pazienti indagati e la loro eterogeneità suggerivano fin da subito la necessità di uno studio di validazione su ampia popolazione con maggiore omogeneità di origine.

VALIGA è stato programmato per raccogliere circa 500 pazienti con IgAN da 26 Centri di nefrologia di 9 nazioni europee che avevano accettato di rivedere le loro biopsie renali seguendo la classificazione di Oxford. Lo studio è stato finanziato il 1° giugno 2010 ed è stato accolto con tale successo che al luglio 2011 i partecipanti sono aumentati a 52 Centri di nefrologia di 13 nazioni europee (Italia, Croazia, Estonia, Germania, Grecia, Polonia,Portogallo, Spagna, Svezia, Olanda, Turchia, Regno Unito, Repubblica Ceca).

Al momento, in totale sono già stati raccolti dati clinici completi di 1227 casi, in 886 la revisione istologica è già stata fatta dai patologi locali e in 742 casi l’iter periferico è stato del tutto completato, con collezione di dati clinici, revisione istologica da parte dei patologi locali ed invio dei vetrini delle biopsie renali ad Oxford per una lettura centralizzata. Nel file allegato è riportato in dettaglio lo stato di avanzamento del progetto.

Il network internazionale europeo che si è creato attorno a VALIGA appare essere molto promettente sia per questo studio che per future ricerche sulla IgAN.

EQUAL

Il fine del trattamento dialitico è quello di prolungare la sopravvivenza dei pazienti uremici migliorandone la qualità di vita, tuttavia ad oggi non è noto, nei pazienti anziani, quale sia il momento più propizio per iniziare la dialisi al fine di raggiungere questo obiettivo.
Lo studio EQUAL, effettuato su pazienti di età ≥ 65 con VFG ≤20 ml/min/1,73m2, ha il fine di chiarire se vivono di più e meglio i pazienti anziani che entrano in dialisi precocemente e con meno sintomi di uremia o quelli in cui la terapia conservativa viene prolungata, cosa che peraltro spesso avviene anche che per loro scelta. Esso inoltre è finalizzato a rilevare la frequenza e la gravità dei sintomi uremici e a comprendere quali elementi usa il medico per suggerire a questi pazienti l’inizio della dialisi.
Lo studio verrà condotto in cinque Stati europei, Coordinato dal Registro ERA-EDTA, arruolando complessivamente 2500 pazienti, di cui circa 500 in Italia. I pazienti verranno seguiti fino al decesso o comunque per un massimo di quattro anni. Lo studio ha il patrocinio della Società Italiana di Nefrologia, il centro di coordinamento per l’Italia è il Centro IBIM-CNR di Reggio Calabria*.
Lo studio EQUAL ha caratteristiche di studio osservazionale, infatti tutte le procedure diagnostiche e valutative impiegate sono suggerite dalla buona pratica clinica. E’ prevista la creazione di una Biobank centralizzata a cui i centri partecipati invieranno siero, plasma e DNA dei pazienti arruolati. E’ prevista anche la valutazione del VFG con la clearance dello Ioexolo, tale procedura è tuttavia opzionale.
30 centri di nefrologia potrebbero partecipare a questo importante progetto. Ai centri si richiede che abbiano come unici requisiti quello di seguire pazienti con le caratteristiche su citate e la possibilità di separare e stoccare temporaneamente dei campioni ematici. Il numero minimo di pazienti da arruolare per centro è 10.

I centri interessati possono contattare il Centro di Coordinamento* 

Il carico di lavoro richiesto è modesto in quanto si prevedono visite semestrali (trimestrali se il VFG scende sotto 10 ml/min) e i prelievi sono richiesti solo al baseline ed all’eventuali inizio dialisi.

Lo studio non è sponsorizzato, per cui non è previsto un supporto economico, tuttavia tutti i materiali (compresi quelli necessari all’effettuazione dei prelievi e della eventuale clearance dello Ioexolo) verranno forniti dal Centro Europeo di Coordinamento.
I Centri partecipanti saranno riconosciuti in una Lista Europea ufficializzata nell’Ambito dell’EDTA e della SIN. Sarà creato un gruppo di studio di cui faranno parte i referenti (uno per centro) e a nome del quale verranno effettuate tutte le pubblicazioni.

Protocollo

*Riferimento:
Dott. Maurizio Postorino
postorino@ibim.cnr.it
cell. 329.7978208

RECORD-IT: REport of COmorbidities in non-dialysis Renal Disease population in ITaly

Lo studio RECORD-IT è il primo studio osservazionale di dimensione nazionale di pazienti in fase conservativa, affetti da malattia renale cronica conclamata. E’ uno studio prospettico e longitudinale che ha arruolato nella seconda metà del 2010 oltre 800 pazienti seguiti in 20 ambulatori di Nefrologia, distribuiti al Nord, Centro, Sud ed Isole della territorio nazionale italiano. Sono raccolti dati completi dalla anamnesi, esame obiettivo, storia clinica, sono misurati dati ematochimici ed urinari e dati sulle dosi e tipi di farmaci prescritti come antiipertensivi, antianemici, farmaci contenenti ferro, anti-PTH, anti-fosforo oltre ai dati sulla diete ipoproteiche.

Gli obiettivi più immediati dello studio sono di valutare le caratteristiche epidemiologiche dei pazienti nefropatici nelle nefrologie italiane, di verificare eventuali differenze territoriali e di identificare le aree di miglioramento in relazione al mancato raggiungimento dei target raccomandati.

Attualmente, sono disponibili i dati trasversali della maggior parte dei pazienti arruolati mentre per la prossima estate sono disponibili i primi dati longitudinali.

Protocollo

PROPAN: Progetto di studio collaborativo tra la SIN e la SIMG: Impatto prognostico di pazienti con insufficienza renale cronica, seguiti dai Medici di Medicina Generale e/o dai Nefrologi in Italia

Lo studio PROPAN (SIN-SIMG), in cooperazione con la SIMG, è uno studio di confronto del decorso dei 1300 pazienti circa con insuffcienza renale cronica della Coorte TABLE, arruolati nel 2002-2003 e seguiti stabilmente negli ambulatori delle Nefrologie italiane, rispetto alle diverse migliaia dei pazienti con insufficienza renale cronica, arruolati nello stesso periodo della Coorte TABLE ma seguiti dai medici di medicina generale.

Si tratta, in breve, di effettuare una valutazione comparativa rispetto agli outcomes (exitus, ingresso in dialisi etc.) dopo aggiustamento dei principali fattori di rischio, modificabili e non.

Attualmente, l’accordo prevede che i dati saranno disponibili in una forma non definitiva ma abbastanza avanzata già per la prossima estate.

Protocollo

NEFRODATA: Banca dati nazionale pazienti con insufficienza renale cronica

NEFRODATA® banca dati nazionale pazienti con malattia renale cronica (MRC)

Nefrodata è una banca dati nazionale sui pazienti con MRC che ha l’obiettivo di:

  • raccogliere i dati e i risultati dell’attuale trattamento;
  • definire le tendenze dell’attuale pratica clinica;
  • quantificare i costi dell’attuale trattamento e  l’impatto clinico ed economico delle alternative terapeutiche disponibili.

Con Nefrodata si vuole documentare nella popolazione di riferimento (pazienti con filtrato Glomerulare (FG)2):

  • la tipologia e l’incidenza/prevalenza dell’IRC e delle patologie renali che si presentano quotidianamente all’osservazione del nefrologo;
  • i percorsi di tipo diagnostico-assistenziali, pre ed intra ospedalieri offerti ai pazienti;
  • le opzione terapeutiche adottate nelle varie patologie;
  • la morbilità;
  • la morte renale (intesa come inizio dialisi o trapianto);
  • la mortalità;
  • la frequenza di utilizzo della dieta ipoproteica nei pazienti affetti da IRC;
  • l’uso e le caratteristiche della terapia nutrizionale;
  • la frequenza di utilizzo della dieta ipoproteica (0,6 g/kg o 0,3 g/kg supplementari) nei pazienti affetti da IRC.

In data 18 ottobre 2011 è stato ottenuto il parere unico favorevole da parte del Comitato Etico del Centro Coordinatore, Policlinico Universitario dell’Università degli Studi di Napoli Federico II – Prof. Cianciaruso.

Il progetto NEFRODATA è stato presentato a 250 centri di nefrologia su tutto il territorio nazionale

Protocollo

Stato avanzamento lavori: 4 aprile 2012

NUTRI-VITA

Trial di intervento sull’ uso di 25(OH) vitamina D in pazienti in emodialisi cronica.
Studio multicentrico italiano randomizzato controllato open label, no profit.

Confronto tra due bracci di trattamento: assunzione orale di 25-OH-vitD vs non assunzione orale di 25-OH-vitD.

Pazienti eleggibili: ≥ 18 anni, in dialisi cronica, con livelli circolanti di PTH 2-9 volte i livelli massimi previsti dal laboratorio, con livelli circolanti di 25-OH-vitD < 30 ng/ml.

Criteri di esclusione: ritorno in emodialisi da precedente dialisi peritoneale o da trapianto renale da meno di tre anni, gravidanza ed allattamento.

Durata del periodo di osservazione: 3 anni o sino al raggiungimento del numero di eventi (188) per l’analisi dell’end-point primario.

End point primario: esito composito rappresentato da infarto acuto del miocardio non fatale o ictus non fatale o infarto acuto del miocardio fatale o ictus fatale o morte improvvisa cardiaca o morte da altra causa (eccetto quella traumatica o accidentale).

End point secondari:

  • ciascun singolo componente dell’end point primario;
  • frequenza di episodi di ipercalcemia (calcemia > 10.5 mg/dl) e di iperfosforemia (fosforemia> 5.5 mg/dl) durante lo studio;
  • frequenza di rientro in target dei livelli circolanti di 25-OH-vitD (> 30 ng/ml);
  • frequenza di episodi di incremento oltre la soglia dei 100 ng/ml dei livelli circolanti di 25-OH-vitD;
  • frequenza di riduzione posologica della terapia con VDRA (calcitriolo o paracalcitolo), con calcio mimetico, con fosforochelanti;
  • frequenza di paratiroidectomia

Informazioni da raccogliere:

  • dosaggio di fibrinogeno, PCR, emocromo, assetto ferrico e lipidico (inizio e fine studio);
  • dosaggio di PTH, calcemia, fosforemia, e albuminemia (inizio e fine studio + monitoraggio trimestrale); per calcemia e fosforemia è previsto un controllo mensile nel primo trimestre;br />
  • dosaggio della fosfatasi alcalina totale (inizio e fine studio + monitoraggio semestrale);
  • dosaggio dei livelli circolanti di 25-OH-vitD (inizio studio e fine studio + monitoraggio due volte l’anno, ogni mese di febbraio ed settembre).

Libero uso (senza vincoli di protocollo) per calcitriolo, paracalcitolo, calcio mimetici e fosforochelanti, mirati al conseguimento dei target delle linee guida KDIGO

Protocollo

Newsletter NUTRI – VITA – D001

CARHES study: CArdiovascular risk in Renal patients of the italian Health Examination Survey

Lo studio CARHES è il primo studio epidemiologico della popolazione generale italiana, in cooperazione con l’Istituto Superiore di Sanità e l’ANMCO, che valuta 9000 soggetti del territorio nazionale, estratti in modo random dalle liste elettorali di ogni regione.

Gli obiettivi primari dello studio sono di stabilire in Italia la prevalenza della malattia renale cronica, valutata con metodi gold-standard per la misura del filtrato glomerulare e dell’escrezione urinaria di albumina, e la frequenza dei principali fattori di rischio sia tradizionale che specifici dell’insufficienza renale cronica (ipertensione, anemia, alterazioni del metabolismo calcio-fosforo, iperparatiroidismo etc.)

Attualmente, sono disponibili la metà dei dati riferiti alla metà di tale popolazione ed abbiamo concordato l’invio dei risultati completi di 4500 soggetti per l’inizio del mese di maggio.

Protocollo

SIN-SIR

The SIN-SIR study is a national database containing information on the demographic and clinical characteristics, diagnostic work-up, treatment, hospitalisation and survival of 2500 newly diagnosed CKD patients (K/DOQI stage 3–5) on conservative treatment. Patients were followed up for 3 years.

The aim of this study was to investigate the relationship between clinical practice and clinical outcomes.

The 100 centres participating into this study were randomly selected from the SIN centres database (363 renal units overall).

The project was started in June 2004 and was completed in 2009.

Analyses of this study have been presented at SIN, ASN, ERA-EDTA congresses and published in NDT.

Pubblicazione

Posizione della SIN sui biosimili ESA

Aggiornamento febbraio 2011

La Società Italiana di Nefrologia (SIN) ha recentemente istituito un Collegio di Direttori di Strutture Complesse, nominato per discutere particolari problematiche presentatesi alla comunità nefrologica italiana che necessitino di una valutazione tecnica prima di essere sottoposte al Consiglio Direttivo SIN per discussione e validazione.

L’uso dei biosimili ESA è un argomento di grande rilevanza ed attualità per la nostra professione, in quanto pone problemi relativi a sicurezza per il paziente, rapporto costo/efficacia nei confronti degli originatori e discrezionalità prescrittiva del nefrologo. Il Presidente SIN ha quindi dato mandato al nuovo Comitato di esaminare i recenti sviluppi della questione e di presentare un’analisi alla valutazione del CD SIN perché ne possa nascere un documento che esprima la posizione della nostra Società nei confronti dei biosimili ESA.

UTILIZZO DI BIOSIMILI ESA
Le premesse tecniche alla definizione di biosimili ed in particolare alla loro diversità rispetto ai farmaci generici erano state chiaramente presentate in una pubblicazione del Giornale Italiano di Nefrologia, (GIN 2009; 26:161-170) organo ufficiale della SIN  e richiamate in un documento approvato dal CD della SIN il 6/05/2010. Brevemente,

  • A differenza del generico, piccola molecola ottenuta per sintesi chimica, il biosimile è una grande molecola proteica glicosilata a struttura spaziale complessa ottenuta attraverso un processo di produzione estremamente articolato e che prevede l’uso di linee cellulari.
  • Quindi, poiché il biosimile non è un bio-equivalente del biologico originatore, la normativa che rende i generici equivalenti agli originatori non è applicabile ai farmaci biologici.
  • Come tutti i farmaci biologici, i biosimili sono in grado di attivare la risposta immunitaria con tutte le possibili conseguenze cliniche inclusa la produzione di anticorpi.
  • In pazienti nefropatici la somministrazione sottocute sia di originatore che di biosimili ha indotto, in rari casi, complicanze anche gravi (PRCA).

Fatto salvo, come rilevabile dalla letteratura, che la regolamentazione dell’European Medicines Agency (EMA) è rigorosa nel processo di approvazione di un biosimile, rimane il dovere da parte del medico utilizzatore di una cautela prescrittiva, cautela che peraltro non può avere caratteristiche di chiusura aprioristica.

Come già riportato nel GIN 2009,

  • E’ importante la regola di non considerare i prodotti biosimili come interscambiabili con il composto di riferimento.
  • La tracciabilità del composto realmente somministrato al paziente è l’unico metodo che consente la corretta attribuzione di eventuali eventi avversi.
  • Devono essere predisposti piani di farmacovigilanza post-marketing e di gestione del rischio, particolarmente riferiti all’immunogenicità di questa classe di farmaci.

AGGIORNAMENTO AL FEBBRAIO 2011
Negli ultimi mesi si è assistito in Italia a una accelerazione della problematica legata all’adozione di biosimili di ESA, particolarmente in campo nefrologico. Le modalità con cui alcune Regioni italiane ed alcune aziende sanitarie hanno introdotto l’uso di questi farmaci sono molto variegate e fonte talora di equivoci anche per il diverso coinvolgimento dei medici prescrittori e delle società scientifiche che li rappresentano. L’ indizione di gare a lotto unico non solo si basa sull’ erroneo concetto di una presunta equivalenza, ma non tiene per niente conto delle differenze in composizione chimica, farmacocinetica, farmacodinamica ed efficacia dei vari ESA. Tale modalità ci vede pertanto fortemente in disaccordo.

La Società Italiana di Nefrologia valorizza i punti di forza dei farmaci biosimili in termini di spinta all’innovazione, alla ricerca e al contenimento della spesa; ma nel contempo ne evidenzia anche le possibili criticità.

  • I farmaci biologici,anche se registrati per le stesse indicazioni, non possono essere considerati equivalenti agli originatori (Pronunciamento del Consiglio di Stato Italiano su consultazione di AIFA e pronunciamento dell’Istituto Superiore di Sanità). In parlamento, dal 2008, è ferma una proposta di legge che definisce la non equivalenza tra farmaci originatori e biosimili.
  • Il consumo di ESA biosimili si è diffuso in alcuni paesi europei negli ultimi tempi, ma i dati attualmente disponibili di sorveglianza a lungo termine, in particolare riguardo ad immunogenicità, sono ancora molto limitati e necessitano di risultati di farmacovigilanza a lungo termine.
  • Pertanto al momento attuale non è possibile dimostrare l’equivalenza dei biosimili rispetto agli originatori non solo in termini puramente farmacologici, ma anche, e soprattutto, in termini di sicurezza clinica e di immunogenicità a lungo termine.
  • Deve essere fortemente raccomandata la farmacovigilanza a lungo termine e la tracciabilità del prodotto ESA utilizzato cosi da ottenere dati sufficientemente robusti che consentiranno di orientare le scelte mediche in base a consolidati criteri di evidenza basata sulle prove.

La Nostra Società, tenuto conto dei dati attualmente a disposizione, ritiene pertanto che:

  • La responsabilità prescrittiva è esclusivamente del medico. E’ il medico che redige il programma terapeutico scegliendo uno specifico farmaco biologico, originatore o biosimile, in base alle peculiari e spesso complesse esigenze cliniche del paziente e, in subordine, alla compatibilità economica.
  • Le gare di acquisizione non possono essere a lotto unico ma deve sempre essere prevista la divisione in più lotti in base alle diverse caratteristiche degli ESA, per permettere al medico la scelta più appropriata alla condizione clinica del singolo paziente.
  • E’ sconsigliato il passaggio da originatore a biosimile e viceversa soprattutto nella somministrazione sottocute in quanto tale via è la più immunogenica e quindi a maggior rischio di complicanze sopratutto nei pazienti nefropatici in cui la terapia con ESA è cronica. Inoltre, in caso di comparsa di reazioni immunitarie, sarebbe più difficile la tracciabilità del farmaco responsabile.
  • L’impiego preminente dei biosimili è, per ora, in pazienti nefropatici che inizino per via endovenosa il trattamento sostitutivo ”drug naive” agli ESA.
  • Deve essere garantita la continuità terapeutica. Pazienti con storia clinica complessa, specie se sottoposti a ripetuti tentativi terapeutici, non devono essere sottratti al trattamento in cui si sono stabilizzati.

Comitato Direttori di Struttura Complessa
Consiglio Direttivo SIN

Biosimilari – Epoietina Alfa: Luci e Ombre

L’European Medicines Agency (EMEA) definisce i farmaci biotecnologici (biotech) “prodotti medicinali sviluppati mediante una o più delle seguenti procedure tecnologiche: DNA ricombinante, espressione genica controllata, metodi anticorpali” [1]. I biotech costituiscono circa il 20% dei farmaci innovativi commercializzati, ma il mercato è destinato ad ampliarsi ulteriormente, se è vero che nel 2020 si prevede saranno circa il 50% della totalità dei farmaci in commercio.

Il loro impatto economico sui sistemi sanitari è pertanto sempre più importante (già nel 2005 rappresentavano più del 30% della spesa totale dei farmaci ospedalieri universitari spagnoli [2]. La scadenza del brevetto, in Europa, per alcuni di questi farmaci, prima tra tutti l’epoietina alfa, e la conseguente introduzione sul mercato di “biosimilari”, cioè prodotti medicinali biotecnologici riconducibili al farmaco originatore, rappresenta dunque un’importante opportunità in termini di possibili risparmi per i sistemi sanitari. Tutto ciò, peraltro, non può esimerci da una ragionevole cautela, prima di abbracciarne incondizionatamente l’adozione.

Ciò va detto in particolare per la complessità dei processi che portano alla produzione dei biotech, che impongono l’assoluto rispetto di ciascuna tappa di produzione: anche piccoli cambiamenti (eccipienti, uso di nuove banche di cellule, processo di purificazione, etc) possono infatti comportare alterazioni significative del prodotto finale in termini di sicurezza ed efficacia. Non a caso in biotecnologia si dice che “il processo è il prodotto” [3] [4].

La differenza fondamentale tra le molecole di sintesi chimica ed i farmaci biologici sta nel rischio di immunogenicità, dato che questi ultimi, essendo molecole biologicamente attive, sono in grado di attivare la risposta immunitaria,  con tutte le possibili conseguenze cliniche che ne possono derivare, a cominciare dalla produzione di anticorpi [5].

È dunque di grande importanza che il potenziale immunogenico dei biosimilari sia accuratamente testato perché, come l’esperienza insegna, una variazione anche minima nella formulazione può influenzarlo significativamente.

A  titolo esemplificativo è  paradigmatico il caso dell’epoietina alfa. Dal 1989 ne è stato approvato l’impiego per il trattamento dell’anemia in pazienti affetti da insufficienza renale cronica (IRC) e almeno fino al 1998 tale impiego è stato associato ad un’ottima tollerabilità, con l’insorgenza di soli  tre casi di aplasia delle cellule della serie rossa (PRCA) su milioni di casi trattati. Tuttavia dal 1998 al 2003 è stato documentato in Europa un notevole aumento di casi di PRCA (più di 300), in pazienti nefropatici trattati per via sottocutanea con epoietina alfa [6]. Tale incremento coincideva con un piccolo cambiamento nella formulazione dell’epoietina alfa. La nuova formulazione, infatti, determinava lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti, che causavano la perdita dell’efficacia non solo del farmaco, ma anche dell’ormone nativo, dando origine alla PRCA. La scoperta della causa ha poi portato ad una ulteriore modifica del prodotto finito, che ha risolto il problema. La lezione, tuttavia, non va dimenticata: qualunque variazione, anche minima, nella formulazione di un farmaco biotecnologico può determinare conseguenze pericolose per il paziente, fino all’exitus [7] [8] [9].

Nel corso di uno studio clinico per valutare la sicurezza della somministrazione sottocutanea di epoietina alfa biosimilare HX575 in pazienti affetti da anemia correlata all’IRC, la Sandoz ha registrato l’insorgenza contemporanea di anticorpi anti eritropoietina e PRCA in un paziente tedesco e di soli anticorpi anti eritropoietina in un paziente russo. Ciò, naturalmente, ha determinato l’abbandono anticipato della sperimentazione [10].

È pertanto chiaro che nell’uso clinico dei biosimilari dell’epoietina alfa devono essere garantiti i programmi di farmaco sorveglianza previsti per i farmaci sottoposti a monitoraggio intensivo [11] e seguite le indicazioni suggerite dall’EMEA [12] e dall’AIFA [13].

L’AIFA ha inserito i farmaci biosimilari all’interno della lista dei farmaci a monitoraggio intensivo e non ha inserito i biosimilari all’interno delle Liste di Trasparenza che regolano l’utilizzo dei farmaci equivalenti, proprio per la difficoltà di stabilire la bioequivalenza (con la facilità propria dei farmaci di sintesi) e la necessità di acquisire ulteriori dati di efficacia e sicurezza su larga scala [14] [15].

Va anche evidenziato che i biosimilari dell’epoietina alfa possono essere somministrati solo per via endovenosa, quando la via di somministrazione sottocutanea può essere vantaggiosa  perché autogestibile dal paziente e permette di ridurre la dose efficace e quindi il costo/efficacia della terapia stessa. Tra l’altro la via endovenosa è la via di somministrazione in assoluto meno immunogenica e quindi la meno idonea per tracciare un profilo di sicurezza.

Concludendo, è prudente, per ora, limitare l’uso dei farmaci biosimilari dell’epoietina alfa  ai soli casi di pazienti “drug naive”, per i quali sia percorribile l’utilizzo della via endovenosa. Pazienti con storia clinica complessa, specie se sottoposti a ripetuti tentativi terapeutici, non dovrebbero essere sottratti al trattamento in cui si siano stabilizzati.

Resta importante conoscere la storia farmacologica dei pazienti, soprattutto a fronte di eventuali eventi avversi e per la valutazione dell’immunogenicità. Si tratta di aderire in pieno alla regola di non considerare i prodotti biosimilari intercambiabili con il farmaco di riferimento. Solo la tracciabilità del farmaco somministrato permetterà la corretta attribuzione di eventuali eventi avversi al farmaco stesso.

Si ricorda, infine, che l’unico reale prescrittore è il nefrologo che ha in cura il singolo paziente e che redige il programma terapeutico scegliendo un preciso farmaco biologico o biosimilare che, si ripete, non possono essere considerati equivalenti [16] [17].

Gina Meneghel
per il Consiglio Direttivo SIN

BibliografiaReferences

[1] Guideline on a similar biological medicinal products CHMP/437/04 2005.

[2] Fort E et al. 10th Congress of the European Association of Hospital Pharmacists. Lisbon. Portugal. March 2005.

[3] Crommelin D, Bermejo T, Bissig M, et al. Pharmaceutical evaluation of biosimilars: important differences from generic low-molecular-weight pharmaceuticals. Eur Jour Hosp Pharm Sci 2005; 11(1):11-7.

[4] Sharma b. Immunogenicity of terapeutic proteins. Part 2. Impact of container closures

[5] Gottlieb S Biosimilars: policy, clinical, and regulatory considerations. American journal of health-system pharmacy : AJHP : official journal of the American Society of Health-System Pharmacists 2008 Jul 15;65(14 Suppl 6):S2-8

[6] Roger SD, Goldsmith D Biosimilars: it’s not as simple as cost alone. Journal of clinical pharmacy and therapeutics 2008 Oct;33(5):459-64

[7] Roger S J Pharm Pharmaceut Sci 2007; 10: 405-10.

[8] Covic A, Kuhlmann MK Biosimilars: recent developments. International urology and nephrology 2007;39(1):261-6

[9] Crommelin D et al. EJHP 2005; 11: 11-7

[10] Informazioni sul rischio da parte del BfArM tedesco

[11] aggiornamento n. 12 aprile 2009 (AIFA)

[12] Guidee linee on a similar biological medicinal products. CHMP//437/04, 2005.

[13] Agenzia Italiana del farmaco BIF XV n. 3 2008

[14] BIF n. – 2-2008 pag. 229

[15] Schellekens H Assessing the bioequivalence of biosimilars The Retacrit case. Drug discovery today 2009 May;14(9-10):495-9

[16] Pronunciamento del Consiglio di Stato N. Sezione 3992/06 (20 giugno 2007)

[17] Gesualdo L, Abbracchio MP, Dammacco F et al. [The advent of biosimilars: new rules to guarantee patient safety]. Giornale italiano di nefrologia : organo ufficiale della Societa italiana di nefrologia 2009 Mar-Apr;26(2):161-70